sabato 3 gennaio 2009

MILLE ANNI DOPO 2

L'uomo lo invitò ad accomodarsi con un cenno della mano. Sam era perplesso. Cosa poteva volere da lui quel misterioso viandante? D'altro canto, l'Edera era piena di hobbit e, anche se quello sconosciuto avesse nutrito qualche intenzione malvagia, non avrebbe potuto metterla in atto all'interno della locanda. Si avvicinò lentamente al suo tavolo. "Siediti, Sam Gamgee." "Come fai a sapere il mio nome?" L'uomo non rispose. Probabilmente si era informato in precedenza: Sam era sindaco da cinque anni, e tutti lo conoscevano. Suo malgrado, prese posto accanto al forestiero. "Chi sei?", gli chiese. "Vengo da Gondor.", fu la risposta. "E devo parlarti." Si liberò del cappuccio. Aveva un viso bello, dai caratteri forti e nobili, occhi grigi come il mare, e folti capelli castani. Tuttavia il volto era segnato dalle intemperie, e una cicatrice gli deturpava una guancia. Sam pensò che fosse un guerriero. Lo stupì il fatto che venisse da Gondor. Un viaggio lunghissimo per parlare con lui? "Mi chiamo Forlegar.", disse l'uomo di Gondor. "E ho molte questioni da discutere con te." Si guardò attorno, come per accertarsi che nessuno lo stesse ascoltando, poi abbassò il tono della voce. "Ma non di sera. Ci incontreremo qui domattina." Si alzò e, senza aggiungere altro, uscì dalla locanda. Anacleto si domandò se questo approccio sarebbe piaciuto a Barbara: sua figlia era molto esigente, e quando lui le raccontava qualche fiaba spesso lo rimproverava per la mancanza di particolari. "Sono i particolari che fanno una storia, papà." Anacleto sorrise, il cuore gonfio di tenerezza. Si accese una sigaretta, aspirò una boccata di fumo e per qualche istante fissò lo schermo. "Coraggio, vecchio mio!" Riprese a battere i tasti del computer, mentre la sua mente volava e, una dopo l'altra, visualizzava le parole che Forlegar avrebbe detto a Sam. Era un passo importante: doveva risultare appassionante e soprattutto credibile, perché da quel discorso nasceva tutta la sua storia. Non poteva permettersi di esprimersi in modo banale o approssimativo, altrimenti avrebbe deluso la bambina. Smise di scrivere alle quattro del mattino. Quando Sam uscì di casa, il sole era già alto nel cielo. L'hobbit si sentiva inquieto e non aveva alcuna fretta di raggiungere il luogo dell'appuntamento. Forlegar era un uomo di Gondor, perciò non aveva nulla da temere da lui; tuttavia uno strano sesto senso gli suggeriva che quello straniero portava guai. Non dubitava della sua identità. Lo aveva guardato negli occhi, che gli erano sembrati sinceri e leali, benché provvisti di un fondo di durezza. Ma quella frase a proposito della sera suonava minacciosa. Gli ricordava un vecchio libro, che aveva letto anni prima e che era stato portato a termine dal suo famoso avo di cui portava il nome. Anche il grande Gandalf sosteneva che certi argomenti andavano trattati alla luce del giorno. Però, si trattava di argomenti oscuri e nefasti. Di cosa gli avrebbe parlato l'uomo di Gondor? Forlegar lo stava aspettando allo stesso tavolo, senza dar segno di impazienza. Invitò Sam a sedersi. L'hobbit aveva già fatto colazione, ma pensò che uno spuntino avrebbe potuto alleviare un po' la sua ansia. Ordinò un vero e proprio pranzo e si sentì immediatamente meglio. Mentre mangiava, Forlegar iniziò a parlare. Si esprimeva lentamente, con calma, sostenendo lo sguardo del suo interlocutore, come per essere sicuro che lo stesse ascoltando con la dovuta attenzione. "Da sempre Gondor ha due nemici acerrimi.", disse. "A meridione, i Sudroni; a oriente, gli Esterling. Sono popoli di indole crudele, e mille anni fa combatterono per Colui che noi non abbiamo mai nominato. Dopo la distruzione di Barad-Dur, gli Esterling si rintanarono nelle loro terre, a est del mare interno di Rhun. I Sudroni, invece, si rivelarono più aggressivi: un giorno riconquistarono l'antico porto dei pirati di Umbar; ma quando videro la flotta di Gondor, tale era la magnificenza delle nostre navi, che deposero le armi, invocando la clemenza del re. Seguì un lungo periodo di pace e di benessere. Ma... l'inverno scorso arrivò un'ambasciata dall'est. L'emissario era accompagnato da un manipolo di predoni dall'aspetto feroce. Si dimostrò arrogante e ostile. Quando fu ricevuto dal re, disse che il loro nuovo Signore reclamava la terra di Mordor, asserendo che in origine apparteneva agli Esterling. Quella landa malefica è abbandonata da secoli, tuttavia fa comunque parte del regno di Gondor. Riferì che, in cambio di quel territorio desolato, il suo Signore lo autorizzava a donare a Gondor un oggetto di inestimabile valore. Se, invece, l'offerta fosse stata rifiutata, le conseguenze sarebbero state imprevedibili. "Rifiutate?", chiese, e la sua voce parve il sibilo di un serpente velenoso. Nel salone delle udienze di Minas Tirith, molti rabbrividirono. Ma non il re. "Mostrami questo oggetto.", disse."

mercoledì 12 novembre 2008

MILLE ANNI DOPO 1

Nel corso dei secoli le terre cambiano conformazione. A causa delle piogge, della grandine, del vento, dei movimenti sotterranei delle acque, si verificano erosioni, alcuni fiumi si allargano, altri cambiano corso, le montagne possono crescere in altezza oppure abbassarsi, e le colline mutare aspetto. A seguito di eventuali cataclismi, le trasformazioni risultano più rapide e marcate. Questo era esattamente ciò che era successo negli ultimi mille anni. Mentre rincasava all'ora del tramonto, Sam confrontava mentalmente il panorama che si apriva davanti ai suoi occhi con le vecchie carte geografiche che, in qualità di sindaco, aveva avuto modo di consultare. La configurazione della Contea era mutata e, sebbene l'onda delle colline non avesse perso nulla dell'antica suggestione, era indubbio che quello fosse un paese profondamente diverso rispetto ad un tempo. L'hobbit alzò le spalle e affrontò l'ultimo tratto di strada. Era un autunno splendido, come non si vedeva da anni: i colori della natura risaltavano morbidi e caldi, gli alberi non ancora spogli e il sentiero ricoperto di foglie dorate rilucevano all'ultimo sole. Sam attraversò il ponte e raggiunse la locanda di Lungacque. Con un sospiro di piacere, entrò e ordinò una pinta di birra. Quel giorno aveva camminato a lungo. Strane voci parlavano di misteriosi viandanti che si aggiravano nei boschi e ai confini di quelle terre. Sebbene la Contea appartenesse al regno di Gondor, e perciò in teoria si trovasse sotto la tutela del re, all'atto pratico la città dalle bianche torri distava settimane di viaggio, e ormai da secoli i soldati del sovrano non passavano più da quelle parti. L'ordine e la pace erano garantiti, quindi non c'era motivo che si spingessero fin lì. Inoltre, da sempre, gli hobbit erano gelosi della propria indipendenza, che re Elessar aveva loro garantito. Sam era andato a controllare di persona, ma per fortuna non aveva visto nulla di insolito. Lungo il tragitto di ritorno aveva trovato dei funghi, e già pregustava una cena squisita e abbondante. Trangugiò un lungo sorso di birra, poi si guardò attorno. A quell'ora la locanda era piena: tutta gente che conosceva e per la quale nutriva un profondo affetto. Stava per girarsi nuovamente verso la sua birra, quando con la coda dell'occhio notò uno strano individuo seduto ad un tavolo d'angolo, nel punto più buio del locale. Aveva le spalle ampie e, benché fosse curvo sul tavolo, si capiva subito che apparteneva alla Gente Alta. Sam corrugò la fronte: da quanto tempo gli uomini non si recavano ad Hobbiville? Lo esaminò, di sottecchi: era avvolto in un mantello scuro, un cappuccio calato sul volto lasciava intravedere soltanto il bagliore degli occhi. Nonostante il camino fosse acceso, e la locanda ben riscaldata, Sam provò un brivido di freddo. Lo sconosciuto lo stava fissando.

Anacleto Vergani scosse la testa, furibondo con se stesso. "E' una merda!" D'altra parte, Anacleto era un giornalista sportivo e non aveva mai scritto un romanzo in vita sua. Guardò il pc con aria disgustata ma, prima che potesse cancellare, pensò a Barbara. Uscì dallo studio e in punta di piedi si affacciò alla camera della bambina. Dormiva serenamente. Anacleto si augurò che stesse sognando. Gli elfi, i nani, gli hobbit, le creature fantastiche che tanto amava. "Lo scriverò per te, tesoro. Farò tutto quello che posso. Ma, te lo giuro, lo scriverò per te." Chiuse silenziosamente la porta e tornò nel suo studio.