MILLE ANNI DOPO 2
L'uomo lo invitò ad accomodarsi con un cenno della mano. Sam era perplesso. Cosa poteva volere da lui quel misterioso viandante? D'altro canto, l'Edera era piena di hobbit e, anche se quello sconosciuto avesse nutrito qualche intenzione malvagia, non avrebbe potuto metterla in atto all'interno della locanda. Si avvicinò lentamente al suo tavolo. "Siediti, Sam Gamgee." "Come fai a sapere il mio nome?" L'uomo non rispose. Probabilmente si era informato in precedenza: Sam era sindaco da cinque anni, e tutti lo conoscevano. Suo malgrado, prese posto accanto al forestiero. "Chi sei?", gli chiese. "Vengo da Gondor.", fu la risposta. "E devo parlarti." Si liberò del cappuccio. Aveva un viso bello, dai caratteri forti e nobili, occhi grigi come il mare, e folti capelli castani. Tuttavia il volto era segnato dalle intemperie, e una cicatrice gli deturpava una guancia. Sam pensò che fosse un guerriero. Lo stupì il fatto che venisse da Gondor. Un viaggio lunghissimo per parlare con lui? "Mi chiamo Forlegar.", disse l'uomo di Gondor. "E ho molte questioni da discutere con te." Si guardò attorno, come per accertarsi che nessuno lo stesse ascoltando, poi abbassò il tono della voce. "Ma non di sera. Ci incontreremo qui domattina." Si alzò e, senza aggiungere altro, uscì dalla locanda. Anacleto si domandò se questo approccio sarebbe piaciuto a Barbara: sua figlia era molto esigente, e quando lui le raccontava qualche fiaba spesso lo rimproverava per la mancanza di particolari. "Sono i particolari che fanno una storia, papà." Anacleto sorrise, il cuore gonfio di tenerezza. Si accese una sigaretta, aspirò una boccata di fumo e per qualche istante fissò lo schermo. "Coraggio, vecchio mio!" Riprese a battere i tasti del computer, mentre la sua mente volava e, una dopo l'altra, visualizzava le parole che Forlegar avrebbe detto a Sam. Era un passo importante: doveva risultare appassionante e soprattutto credibile, perché da quel discorso nasceva tutta la sua storia. Non poteva permettersi di esprimersi in modo banale o approssimativo, altrimenti avrebbe deluso la bambina. Smise di scrivere alle quattro del mattino. Quando Sam uscì di casa, il sole era già alto nel cielo. L'hobbit si sentiva inquieto e non aveva alcuna fretta di raggiungere il luogo dell'appuntamento. Forlegar era un uomo di Gondor, perciò non aveva nulla da temere da lui; tuttavia uno strano sesto senso gli suggeriva che quello straniero portava guai. Non dubitava della sua identità. Lo aveva guardato negli occhi, che gli erano sembrati sinceri e leali, benché provvisti di un fondo di durezza. Ma quella frase a proposito della sera suonava minacciosa. Gli ricordava un vecchio libro, che aveva letto anni prima e che era stato portato a termine dal suo famoso avo di cui portava il nome. Anche il grande Gandalf sosteneva che certi argomenti andavano trattati alla luce del giorno. Però, si trattava di argomenti oscuri e nefasti. Di cosa gli avrebbe parlato l'uomo di Gondor? Forlegar lo stava aspettando allo stesso tavolo, senza dar segno di impazienza. Invitò Sam a sedersi. L'hobbit aveva già fatto colazione, ma pensò che uno spuntino avrebbe potuto alleviare un po' la sua ansia. Ordinò un vero e proprio pranzo e si sentì immediatamente meglio. Mentre mangiava, Forlegar iniziò a parlare. Si esprimeva lentamente, con calma, sostenendo lo sguardo del suo interlocutore, come per essere sicuro che lo stesse ascoltando con la dovuta attenzione. "Da sempre Gondor ha due nemici acerrimi.", disse. "A meridione, i Sudroni; a oriente, gli Esterling. Sono popoli di indole crudele, e mille anni fa combatterono per Colui che noi non abbiamo mai nominato. Dopo la distruzione di Barad-Dur, gli Esterling si rintanarono nelle loro terre, a est del mare interno di Rhun. I Sudroni, invece, si rivelarono più aggressivi: un giorno riconquistarono l'antico porto dei pirati di Umbar; ma quando videro la flotta di Gondor, tale era la magnificenza delle nostre navi, che deposero le armi, invocando la clemenza del re. Seguì un lungo periodo di pace e di benessere. Ma... l'inverno scorso arrivò un'ambasciata dall'est. L'emissario era accompagnato da un manipolo di predoni dall'aspetto feroce. Si dimostrò arrogante e ostile. Quando fu ricevuto dal re, disse che il loro nuovo Signore reclamava la terra di Mordor, asserendo che in origine apparteneva agli Esterling. Quella landa malefica è abbandonata da secoli, tuttavia fa comunque parte del regno di Gondor. Riferì che, in cambio di quel territorio desolato, il suo Signore lo autorizzava a donare a Gondor un oggetto di inestimabile valore. Se, invece, l'offerta fosse stata rifiutata, le conseguenze sarebbero state imprevedibili. "Rifiutate?", chiese, e la sua voce parve il sibilo di un serpente velenoso. Nel salone delle udienze di Minas Tirith, molti rabbrividirono. Ma non il re. "Mostrami questo oggetto.", disse."